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  • Immagine del redattoreAlessandra Porta

Storie di... imprenditori in quarantena

Aggiornamento: 1 mag 2020


Questa prima storia di cioccolato avrebbe dovuto intitolarsi “Ciak… si alza la serranda!” o qualcosa del genere: avrei parlato dell’organizzazione del lavoro nella mia pasticceria e della moltitudine di cose da fare per mettere in moto questa piccola grande macchina.

Purtroppo però, la serranda non si alza da giorni e ogni volta che entro in negozio, nel negozio buio e spento, ho la sensazione che il tempo si sia fermato. Il mio, come tanti altri, da settimane è un luogo vuoto senza storie da raccontare.

Stare fermi può essere pericoloso: la mente viaggia, spesso l’introspezione ci porta a trovare il senso più profondo delle cose, ma altre volte pensare troppo accresce le preoccupazioni, aumenta i dubbi, crea il panico.

In molti di noi, la paura del domani ha preso il sopravvento; la mia è una generazione duttile al cambiamento, abbiamo inventato professioni e ci siamo reinventati in lavori nuovi, ma ora anche noi dobbiamo fare i conti con l’incertezza del come e del quando l’emergenza sarà conclusa.

Ho permesso all’ansia di impadronirsi di me, per giorni. Poi ho detto basta. Ho pensato a come impedirlo, realizzando una sorta di lista di consigli e suggerimenti, prima di tutto per me stessa e per la mia piccola azienda, e ho deciso poi di condividerla, per far sì che l’enorme quantità di tempo a disposizione in questo periodo sia capitalizzata e focalizzata verso un obiettivo: ripartire tutti più motivati di prima.

* Obiettivo: riapertura


Le pasticcerie, come i bar e i ristoranti, sono tipologie di attività al momento quasi totalmente ferme. Anche se qualcuno si ingegna con le consegne a domicilio, l’operatività è molto limitata: le vendite sono quasi azzerate, la produzione è fortemente limitata per evitare sprechi, i dipendenti e i collaboratori sono a casa. Questo è il momento giusto per recuperare l’intimità con la propria impresa: che siate soli, due soci o una piccola squadra, riappropriatevi del ricordo dell’inizio, dell’entusiasmo di quando tutto è nato.

Nel mio caso sono passati poco meno di cinque anni e il ricordo è ancora vivo, ma è bello pensare a quando io e Simone eravamo soli con i nostri progetti e obiettivi, confrontarli con ciò che effettivamente abbiamo realizzato.

È il momento giusto per chiedersi: “Cosa mi piacerebbe fare alla riapertura? Cosa mi riprometto da sempre di migliorare senza trovare il tempo di farlo?”. Se cerchiamo di rispondere a queste domande i nostri scopi si delineeranno con chiarezza. Può essere che il confronto tra progetti e realizzazione ci renda soddisfatti, può essere che ci trovi delusi, può essere che ci faccia sentire di essere dove avremmo voluto ma ci faccia pensare al prossimo passo da compiere: qualunque sia la risposta è utile rifletterci.

E visto che non pensare al futuro della propria impresa è impossibile, io ho deciso di fare progetti. Quando abbiamo aperto a Gassino circa tre anni fa, la maggior parte dei lavori sono stati eseguiti in famiglia per questioni di budget. È bellissimo costruire materialmente il proprio locale e che i clienti lo percepiscano come sentirsi a casa, ma ora ci piacerebbe che Chocolat esprimesse tutto il suo potenziale. Ci pensavamo già da un po’ e così, io, Simone e le nostre idee ci incontriamo una volta alla settimana e pensiamo a cosa vorremmo migliorare in pasticceria: cosa vorremmo spostare, come vorremmo distribuire diversamente lo spazio in laboratorio e in vendita, pensiamo a come cancellare quei difetti che si scoprono soltanto giorno dopo giorno, quando si vive un posto.

È un modo, inoltre, per essere al lavoro senza stare a lavoro: possiamo lasciare più spazio alle attività del tempo libero e concentrarci di più, con la consapevolezza che quando riprenderemo i soliti ritmi alti non li vivremo come una costrizione.


* Dedicarsi ai lavoretti, alle piccole riparazioni e ai grandi progetti


Una volta che gli obiettivi sono chiari nella nostra mente, possiamo muovere le mani!

Molti titolari pasticceri continuano a produrre, seppur a ritmi meno intensi, ma i piccoli imprenditori che non mettono le mani in pasta ora sono fermi. Per questo scoprire altre attività da svolgere nel proprio negozio ci aiuterà a vivere l’azienda in modo diverso e a far trascorrere più velocemente il tempo. Imbiancare le pareti, aggiustare il rubinetto che perde, stringere i bulloni delle sedie, spostare i quadri, cambiare la disposizione delle luci o dei prodotti sugli scaffali, sono soltanto alcuni esempi di lavoretti pratici. Io, per esempio, mi sono decisa a riordinare il magazzino della pasticceria: per qualche ora al giorno, senza fretta, faccio l’inventario del packaging e dei vari allestimenti oppure sistemo le scatole e le scorte a lunga scadenza. Sento, in questo modo, di godermi meglio il tempo che passa e, contemporaneamente, di rendere utile il suo trascorrere.

Non sono soltanto le attività manuali a tenerci attivi: pensare a una nuova linea di packaging, studiare prodotti nuovi, escogitare strategie di marketing affinché il trimestre estivo sia produttivo, ci permette di non perdere il filo del nostro lavoro, di rimanere collegati a ciò che amiamo fare.

Qualche giorno dopo il lockdown, Simone ha lanciato l’iniziativa #aiutiamochiciaiuta: da settimane ormai, circa cinquanta pasticceri e pasticciere di tutto il Piemonte regalano ogni giorno i propri prodotti a medici, infermieri e operatori di Croce Rossa e Protezione Civile. Ci fa sentire utili per chi in questo momento è indispensabile per superare l’emergenza, e solidali con tutte le persone che adesso non possiamo toccare o raggiungere, se non con piccoli gesti. Coordinare le consegne in sicurezza, aggiornare la lista di partecipanti all’iniziativa, lavorare di concerto perché più ospedali e strutture sanitarie possibili siano rifornite, mi fa sentire parte di una bella macchina di solidarietà che, oltre a riempirmi il cuore, mi tiene parecchio impegnata!

* Non siamo fermi? Raccontiamolo a tutti!


Il lato bello del fare è anche poter condividere. Raccontiamo come passiamo le giornate, cosa stiamo costruendo, quali sono i nostri progetti: scopriremo di non essere soli e di essere uniti, in molti, anche se lontani.

Ogni volta che Chocolat pubblica qualcosa sui social, i nostri clienti non mancano di commentare con frasi di solidarietà, ci fanno sentire la loro vicinanza. Sono convinta che tutti i clienti affezionati e le persone che eravate abituati a vedere quotidianamente abbiano voglia di farvi sapere che siete importanti per loro. Per questo motivo aggiornare il sito, descrivere gli impegni e i cambiamenti recenti sui social che abitualmente utilizziamo per comunicare promozioni e novità, ci fa essere presenti, ci permette di dire “Io ci sono e sto lavorando per voi”.

* Consegne a domicilio, per non perdere il filo


E a proposito di essere presenti, cos’è meglio di entrare personalmente nelle case dei nostri clienti? È importante verificare le disposizioni vigenti, essere informati sugli spostamenti nel proprio Comune e soprattutto agire in sicurezza ma se vi è permesso, la consegna dei propri prodotti a domicilio è il modo migliore per alimentare e mantenere il rapporto con la clientela in questa situazione anomala.

Lo so, sembra surreale: le prime volte sarà strano perché i soliti spazi e le solite facce non paiono familiari, ma vi abituerete presto. Organizzare le consegne e pubblicizzarle diventerà la vostra routine, il vostro modo personale di provare a lavorare in una situazione di straordinaria emergenza.

Inoltre, arrivare a casa della gente ha i suoi lati positivi: ci siamo divertiti a portare torte a sorpresa il 19 marzo per dire “Auguri Papà”, regalare un sorriso o consegnare un messaggio a chi non può vedersi da settimane. Stiamo scoprendo sempre di più quanto le persone amino esprimere i sentimenti con un dolce.

* Tempo per riflettere, non sprechiamolo


Ho lasciato questo punto per ultimo ma credo che dovrebbe essere prioritario.

Le ore trascorrono più lentamente e ciò può essere fonte di ansia; inventiamo modi nuovi per distrarci, modifichiamo in parte le nostre abitudini e aspettiamo che questo periodo passi inesorabilmente. Tuttavia, tra qualche mese potremmo rimpiangere il tempo che abbiamo adesso per riflettere e la possibilità di pensare con calma, senza la frenesia delle scadenze e degli appuntamenti; perciò, dovremmo sfruttarla.

Amiamo davvero ciò che facciamo? Se la risposta è sì, se il lavoro quotidiano ci manca, questo rimarrà comunque un periodo negativamente straordinario, ma un momento come un altro per prendere consapevolezza della nostra passione. Se la risposta è no, però, se non sentiamo che il motivo per cui ci alziamo ogni giorno è indispensabile per la nostra felicità, se in fondo, nonostante la brutta situazione, senza lavorare non siamo poi così tristi, allora forse è il momento ideale per guardare in faccia la realtà e liberarsi da ciò che ci opprime. È spaventoso rendersene conto, ma mai come adesso potremo approfittare del tempo che ci è concesso per progettare un dopo diverso, se il qui e ora non ci soddisfa.

Fortunatamente per me, amo il mio lavoro e tutto quello che io e Simone stiamo costruendo: abbiamo sacrificato molto per arrivarci ma sono fiera di alzarmi ogni mattina con obiettivi che mi rendono felice. In altre fasi della vita, però, non ero soddisfatta e ho temuto di aver fatto scelte sbagliate; prendersi del tempo per decidere in quale direzione proseguire è fondamentale e tutti dovrebbero poterlo fare. Perciò, se vi ritrovate a questo punto, approfittatene.

Spero vivamente che la mia storia di quarantena e la mia lista vi abbiano fatto trascorrere qualche minuto di leggerezza. Non vedo l’ora di tornare alla normalità per poter raccontare la mia avventura, sebbene, in fondo, anche questo periodo ne fa parte.

E voi? Qual è la vostra lista? Che cosa vi porterete nel prossimo futuro di questo periodo? Qual è la vostra storia di quarantena?


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